“La scala internazionale degli eventi nucleari (international nuclear events) classifica gli eventi critici per la
sicurezza negli impianti nucleari secondo una scala che comprendono 7 livelli (da 1 a 7).
L’incidente di Chernobyl occorso il 26 aprile 1986 è stato l’unico evento classificato fino al livello 7. Il
reattore di Chernobyl era costruito in modo tale che si potesse verificare una reazione nucleare a catena
incontrollata e in tale data successe proprio questo, nell’arco di qualche secondo il reattore superò di
diverse centinaia di volte la potenza massima prevista.
L’acqua nel circuito di raffreddamento evaporò e vi fu un’esplosione che distrusse il reattore e l’edificio che
lo conteneva. A causa della sua progettazione e costruzione errata, il reattore conteneva grandi quantitativi
di grafite che si incendiarono. La grafite negli impianti nucleari ha una funzione di moderatore per la
reazione a catena. L’incendio durò diversi giorni e la grafite, in questo caso, invece di essere un
moderatore, divenne un acceleratore delle emissioni di sostanze radioattive.
Nel caso di Chernobyl ci fu, quindi, una rapida uscita di radioattività che contaminò le popolazioni delle
zone circostanti e la nube radioattiva, trasportata in seguito all’esplosione-incendio del reattore ad alta
quota si estese in misura diversa su parti dell’Ucraina, Bielorussia, Russia ed alcune estese regioni europee
(compresa l’Italia).
Questo immane disastro fu in parte attenuato racchiudendo il reattore incendiato in un cosiddetto
sarcofago. A questa opera lavorarono parecchie migliaia di persone definite “Liquidatori”, circa 600.000 che
ricevettero dosi di radiazioni parecchio elevate con gravissime conseguenze per la loro salute fino anche
alla morte.
Dopo il viaggio a Chernobyl tante persone mi hanno chiesto perché ero andato a visitare quella zona e se
non avessi avuto paura delle radiazioni.
Chiaramente, come medico, mi sono informato e non sono partito alla cieca.
Intanto Chernobyl è diventato un luogo unico al mondo, un eco-sistema naturalistico in cui, dopo 32 anni,
la natura ha ripreso il sopravvento sull’uomo.
Vedere le rovine della città di Pripyat e dei villaggi vicini è un bel monito alla dabbenaggine dell’uomo,
quando vuole forzare la natura e non adotta tutte le precauzioni necessarie per evitare certi disastri (vedi
una centrale nucleare costruita senza cognizione di causa).
E a proposito della radioattività?
Dopo 32 anni la radioattività della zona è notevolmente diminuita e questa diventa pericolosa per l’uomo in
base al tempo di esposizione. La misurazione della radioattività in relazione al danno biologico viene
misurata in sievert. Nel momento del disastro bastava l’esposizione di 15 minuti per assorbire una dose
letale. Oggi la radioattività ambientale a Chernobyl varia da 0,1 a 3,5 microsievert ora tradotta in base
annua da 0,8 a 4,4 millesievert. Per fare un paragone in certe parti di Italia (a Viterbo, i campi Flegrei a
Napoli, Orvieto) si assorbono circa 9 millesievert annui. Una TAC sono 4 milleseviert. Ognuno di noi è
sottoposto giornalmente ad una base di 0,1, oppure 0,2 microsievert se, per esempio, si mangia una
banana. Se prendiamo un volo di linea, l’aumentiamo di 30 volte! Ricordo, inoltre, che a causa delle
concentrazioni di polonio presenti nelle sigarette, una parte del corpo (apparato respiratorio) viene esposto
a 1.600 microseviert.
Quindi, la visita a Chernobyl può diventare potenzialmente pericolosa se vi si soggiorna per lunghi periodi.
Logicamente bisogna usare alcune precauzioni: l’accesso è vietato ai bambini, alle donne in gravidanza,
sconsigliato a persone che hanno tumori o avuto tumori, specialmente alla tiroide. Non bisogna toccare o
prelevare qualcosa dalla Zona. Non bisogna fumare, in quanto le sigarette contenendo polonio aumentano
la radioattività assorbita. Bisogna cercare di camminare sul cemento e non sui muschi che sono
potenzialmente carichi di radioattività.
Comunque, in via precauzionale, quando si esce dalla Zona si effettua una misurazione con un dosimetro
che attesta se si è superata una dose rischiosa di assorbimento.
Da vero bolognese che ama la buona cucina, l’unica cosa “rischiosa” (e non per la salute ma per il palato!) é
come si mangia alla mensa della centrale nucleare di Chernobyl.
Infatti, ho mangiato molto meglio e più volentieri i prodotti coltivati nell’orto e cucinati da baba Maria, una
dolce e ospitale vecchietta “Samosely” che è ritornata a vivere in un villaggio vicino a Chernobyl da oltre
trent’anni.
Per tranquillizzare tutti voglio specificare che questo pranzo non è stato pericoloso per la salute. La
dimostrazione è la stessa “vecchietta” che morirà, presumibilmente, per vecchiaia e non certo a causa delle
eventuali radiazioni assorbite coi prodotti del suo orto, considerato che sono più di trent’anni che si nutre
di questo cibo.
Daniele Cocchi”