Questo 2019 sembra essere l’anno di “Chernobyl”. La serie tv di HBO ha portato Chernobyl nelle case del mondo intero. Un disastro nucleare, che proprio quest’anno ha compiuto 33 anni, dimenticato (o ignorato) dai più per tre decenni, è tornato alla ribalta nel momento in cui è stato offerto all’utenza che ha potuto usufruirne comodamente seduta sul divano del proprio salotto. Difficile digerire il fatto che l’opinione pubblica abbia avuto bisogno di una serie tv, quando per trent’anni i volontari di tutto il mondo, che si occupano di accoglienza dei bambini che vivono nelle zone colpite dal fallout nucleare, gridano a gran voce (molto spesso inascoltati) il loro impegno. L’Italia in questo vanta un lodevole primato: pur essendo una nazione piccolina, ha da subito offerto accoglienza nelle proprie case ai bambini per il periodo di risanamento, solitamente durante l’estate o durante le vacanze natalizie. Oltre la metà del totale dei bambini accolti a livello mondiale, viene accolto in Italia. In Bielorussia l’italiano è la seconda lingua più parlata dopo il russo. E non solo. Molte associazioni operano con interventi diretti nei villaggi, attraverso ristrutturazioni di scuole e opere pubbliche rivolte ai più giovani. Purtroppo però la grande notorietà di “Chernobyl” non ha dirottato l’utenza su queste tematiche di estrema importanza, bensì solo sul sensazionalismo di questo evento, collegato principalmente al turismo e alle critiche ad esso rivolte. Voglio analizzare con voi il fenomeno, dato che “io c’ero” (come si suol dire) quando ancora Chernobyl era chiuso negli scantinati della memoria di troppi.

“Io c’ero” in quanto ho iniziato ad occuparmi di questo argomento nel 2015. Da allora la mia vita è interamente dedicata a Chernobyl, sotto tutte le sue sfaccettature: accoglienza dei bambini in Italia (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/cosa-possiamo-fare-noi-per-chernobyl/), aiuto agli anziani che sono rientrati a vivere nelle proprie case nonostante il divieto del governo (detti Samosely) (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/natale-con-baba-maria/), ho parlato dei liquidatori (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/i-liquidatori-di-chernobyl-supereroi-del-secolo-scorso/), degli ex residenti di Pripyat  https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/lara-storia-di-una-donna-evacuata-da-pripyat/), dei cani, eredi degli animali domestici abbandonati durante l’evacuazione (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/i-cani-di-chernobyl/), della vita prima del disastro (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/viva-gli-sposi-pripyat-26-aprile-1986/), ho realizzato reportage giornalistici e mostre fotografiche, interventi nelle scuole rivolti a sensibilizzare i giovani rispetto a questo disastro del secolo scorso e, in ultimo, ho incrementato il turismo dall’Italia.

Il turismo è un fenomeno che le testate giornalistiche italiane danno per nato in questo 2019.

Nulla di più sbagliato. La Zona fu aperta ai visitatori nel 2011. Negli anni ha visto una crescita esponenziale degli accessi, ben prima dell’avvento della serie tv. Qualche numero: 12ooo visitatori nel 2016, 20ooo visitatori nel 2017, 60ooo visitatori nel 2018. Dal 2016 è il luogo più visitato in Ucraina. Il 2019 si chiuderà di certo con oltre 100ooo accessi. Chiaramente il fenomeno HBO ha contribuito a questo aumento, ma non ne è stato l’artefice.

La Zona di esclusione di Chernobyl è un luogo che richiama quel genere di viaggiatore che desidera entrare nella Storia, anche attraverso il contatto umano con i veterani che l’hanno vissuta in prima persona. Qui esistono ancora l’Unione Sovietica e la Guerra Fredda, negli edifici di architettura sovietica, nei poster di Propaganda, nei libri di scuola, nell’ultima statua di Lenin rimasta sul suolo ucraino e negli “oggetti” militari costruiti ad uso e consumo del conflitto che era in corso con l’America. Si tratta di un immenso museo a cielo aperto, una Pompei moderna dove è possibile comprendere le reali dimensioni di ciò che è accaduto in quel 1986 e di cui in Italia sono arrivate solo frammentarie e imprecise notizie.

Da Ottobre di questo anno è entrato in vigore un progetto di rivalutazione, pensato e voluto dal nuovo presidente ucraino Zelensky, al fine di aprire al mondo questo luogo della Memoria. Tanti sono i cambiamenti da lui voluti e che io stessa ho avuto modo di verificare, dopo anni di viaggi. La sala comandi del reattore #4, per esempio, è divenuta luogo di turismo. Io vi entrai nel 2015, con grandi difficoltà, quando era una stanza ancora inaccessibile, se non attraverso permessi particolari. All’epoca era un luogo completamente buio ed era difficile vedere persino dove si mettevano i piedi. (https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/sala-controllo-reattore-4-centrale-nucleare-di-chernobyl/). Oggi, invece, è completamente illuminata a favore dei visitatori.

Anche le strutture alberghiere erano qualcosa di difficilmente catalogabile come “alberghi”. Prive di riscaldamento e di acqua calda, in inverno rappresentavano davvero un’esperienza estrema. Ricordo l’inverno del 2017, quando la colonnina di mercurio segnava -27 e fuori dagli edifici faceva più caldo che all’interno. Ricordo le docce gelate durante le quali mi si congelavano persino i pensieri e le notti sotto le coperte, con indosso la tuta da sci. Ora, invece, due dei tre hotel presenti a Chernobyl, sono stati ristrutturati rendendo gradevole il soggiorno ai visitatori.

Tutto questo clamore relativo al turismo, ha portato gli utenti ad esprimere giudizi, attraverso i social network, davvero singolari. Qualche giorno fa mi sono imbattuta nell’ennesimo post, condiviso da qualche testata giornalistica, dove si “demonizzava” il turismo a Chernobyl. I commenti al post erano del solito (basso) calibro:
-“andate, andate, così poi intaserete il servizio sanitario nazionale con i vostri tumori”
-“bene, lasciateli fare, si chiama Selezione Naturale”
-“le Maldive vi fanno schifo?”
Ma il più bello: “chi fa un viaggio del genere è un decerebrato, senza cultura, in cerca di Like, nemmeno trentenne, perchè chi c’era a quell’epoca di certo non è così fuori di testa da andare a Chernobyl, tanto più con dei figli a casa”.

Allora mi sono seduta, ho respirato profondamente e mi sono legata le mani per non rispondere a quei commenti. Lo faccio qui, nel mio sito, a casa mia.

Ho analizzato attentamente le quasi cento persone che ho portato a Chernobyl in questi 4 anni, per un totale di 19 viaggi e oltre 55 giorni trascorsi in questa terra:
-età media: 45 anni;
-più della metà non è iscritto a nessun social network, quindi non cerca Like (perciò si tratta di persone che hanno effettuato una ricerca specifica su Google, con il preciso intento di trovare il modo di affrontare questo viaggio);
-la persona più adulta che è venuta con me nella Zona ha 74 anni ed è venuta in pieno Gennaio, con metri di neve e tempesta di ghiaccio;
-livello di cultura elevatissimo, sia per cultura personale, che per studi, infatti, gran parte di questi viaggiatori è laureato;
-professione: (qui viene il bello)
medico, radiologo, avvocato, professoressa di scuola superiore, professoressa di scuola media, managers di vario livello, direttore di banca, infermiera di pronto soccorso, dipendente RAI, dipendente Microsoft…e sono solo alcuni di quelli che mi ricordo. Per dire che si tratta esattamente di quelle figure professionali a cui affidate la vostra salute, il vostro denaro e il vostre tempo libero;
-nessuno di loro ha mai mostrato un “gusto del macabro” o il selfie della vergogna, bensì tutti (e sottolineo TUTTI) hanno mostrato un rispetto estremo per questa terra e la sua storia;
-alcuni di loro sono volontari che operano in Bielorussia da almeno 25 anni, altri accolgono i bambini per il mese di risanamento;
-tra chi ha viaggiato con me, il 10% è tornato una seconda volta, di questo 10%, più della metà è tornato almeno una terza volta;
-circa la metà di questi viaggiatori ha figli, quasi tutti minorenni;
-molti mariti che hanno affrontato questo viaggio da soli, sono tornati con la moglie;
-tra loro, c’erano anche gradi di parentela molto interessanti:
due sorelle, zia e nipote, madre e figlio;
-tra tutti loro (me compresa) a nessuno fanno schifo le Maldive, ma si tratta di viaggiatori che cercano qualcosa di più che una spiaggia. Sono persone che cercano la Storia.

Ognuna di queste persone mi ha insegnato qualcosa di nuovo in uno scambio culturale e di esperienze di vita, che mescolandosi in questa terra così ostile, amplificano le emozioni e i momenti di riflessione solitaria, in un modo che non avviene in nessun altro luogo nel mondo.

Un viaggio a Chernobyl non differisce da una visita ad Auschwitz o a Ground Zero, nella sua profonda necessità di conoscere i luoghi dei fatti che hanno segnato la Storia.

A favore di tutte le persone che hanno conosciuto Chernobyl, chi attraverso il volontariato, chi attraverso il turismo, chi per professione e chi per passione e a favore della divulgazione della verità ho deciso di organizzare un evento nazionale, interamente dedicato a Chernobyl e alle commemorazioni del suo 34simo anniversario. (rimandato causa emergenza Covid-19)

I° convention nazionale-Diario di un viaggio a Chernobyl si terrà il 25/26 Aprile 2020, in Toscana, e includerà incontri e dibattiti di altissimo livello. Le pagine del mio “Diario di un viaggio a Chernobyl” prenderanno forma attraverso una due giorni di un valore culturale e divulgativo inestimabile. Credo profondamente che gli italiani abbiano bisogno di notizie vere, non sensazionalistiche ed è a questo che sto rivolgendo tutti i miei sforzi. I dettagli dell’evento e il programma verranno divulgati a breve, sui miei canali social.