Chernobyl porta il nome del grande disastro nucleare, ma in realtà scampò alla nube radioattiva, che si diresse immediatamente verso Nord (Bielorussia) Ovest (Finlandia/Svezia/Norvegia https://www.youtube.com/watch?v=4wg0D0caV3s&t=2s). Quando i venti portarono la nube maledetta su Chernobyl, erano ormai passati 4 giorni dall’esplosione ed aveva “scaricato” già buona parte della sua potenza radioattiva (per dirla in parole semplici, comprensibili a tutti).

Questa cittadina dista circa 20 km a Sud dalla centrale nucleare e dalla grande città fantasma, Pripyat. Suo malgrado, rientra nella cosiddetta zona dei 30 km
La Zona di esclusione è suddivisa in due principali punti: La zona entro i 30 km dalla centrale è quella più “vivibile”, quella dove si può soggiornare, ma comunque racchiusa in un perimetro pattugliato dalla milizia e delimitato da filo spinato.
La zona dei 10 km, invece, rappresenta quella non vivibile, con divieto assoluto di soggiorno e comprende i territori entro 10 km dalla centrale, inclusa Pripyat e diversi villaggi, quasi tutti abbattuti. Questa è l’area più altamente contaminata. La vera “vittima” del disastro nucleare fu Pripyat, ghost town tristemente nota in tutto il mondo. Pripyat però era davvero giovane all’epoca. La prima pietra era stata posata nel 1970 e all’epoca dell’incidente aveva solo 16 anni. Chernobyl era la cittadina più vecchia della zona, la più conosciuta e la più grande, fino alla costruzione della Atom Grad, motivo per cui si era soliti identificare la centrale nucleare Lenin come “la centrale di Chernobyl”, ed ecco da dove il disastro nucleare ha preso il suo nome.

Per dovere di cronaca va specificato che la parola Chernobyl, così per come la conosciamo in Italia, è una traslitterazione dalla lingua russa, ma non è il nome corretto della cittadina. Il vero nome è Chornobyl, come potete vedere scritto anche nella stele di ingresso alla città. Il nome attribuito alla cittadina è lo stesso usato per la pianta Artemisia vulgaris, ovvero l’assenzio, pianta che qui cresce rigogliosa. E’ composto da чорний (ovvero nero) e било (ovvero gambo), riferito proprio alla pianta.
Da queste parti non troverete nessun cartello con scritto Chernobyl, alla maniera russa, in quanto Chornobyl esiste da molto prima dell’Unione Sovietica, ovvero da quando l’Ucraina era uno stato in cerca della propria indipendenza, nel quale si parlava una lingua molto diversa dal russo. Anni in cui il semplice parlare ucraino poteva costare la vita. Anni in cui l’Ucraina non veniva riconosciuta come uno stato sovrano, bensì come una terra di nessuno dove Russia e Polonia cercavano continuamente di predominare, anche attraverso la tortura e l’uccisione di chiunque parlasse quella lingua, che per queste due nazioni non era altro che un dialetto contadino.
Chernobyl viene menzionata per la prima volta nel 1193, come casino di caccia del duca Rostislavich. In quegli anni faceva parte del territorio del Rus’ di Kiev. Successivamente passò sotto il Granducato di Lituania, nel 1362 e da quel momento vide la sua crescita, sia in termini di popolazione, che di popolarità come centro artigianale. Venne costruito anche un castello e nel 1552 divenne capoluogo del territorio. Vantava 1352 residenti dei quali la maggioranza erano contadini ucraini, contadini polacchi e artigiani ebrei di lingua polacca. All’inizio del XVII secolo Chernobyl era uno dei più grandi centri del giudaismo chassidico, portato da Twersky, uno dei primi discepoli di questa corrente religiosa. Nel 1898 vi risiedevano 10800 persone di cui 7200 erano ebrei. Poi arrivò il pogrom russo e l’Olocausto e gli ebrei furono letteralmente spazzati via dalla cittadina. Entrò ufficialmente a far parte dell’Unione Sovietica nel 1921 e negli anni tra il ’29 e il ’33 anche i contadini di Chernobyl furono investiti dalla ferocia del genocidio perpetrato da Stalin, conosciuto con il nome di Holodomor. I pochissimi ebrei rimasti vennero assassinati durante l’occupazione tedesca, durata dall’Agosto del  ’41 al Novembre del ’43. Al centro di un incrocio stradale della parte di Chernobyl più vecchia e completamente abbandonata, esiste ancora l’edificio che fungeva da Sinagoga. Ciò che salta all’occhio è la grande stella rossa sovietica posta sul ballatoio della scalinata d’accesso. La stella fu apposta quando la città passò sotto l’impero sovietico e l’edifico venne occupato dall’esercito e riconvertito a ufficio di arruolamento giovani nell’Armata Rossa. Ancora oggi, gran parte della comunità Hiyddish, si reca in pellegrinaggio a Chernobyl, per raccogliersi in preghiera e ricordare i propri avi che in questa terra furono perseguitati e uccisi. (Nel link di seguito trovate un’intervista interamente dedicata alla storia dell’Ucraina del ‘900: https://www.youtube.com/watch?v=ameFxxrVjJM)
Oggi Chernobyl è una cittadina per lo più abbandonata, dove soggiornano i lavoratori della centrale nucleare, le commesse dei market e degli hotel e tutti gli operatori impiegati al monitoraggio delle radiazioni sul territorio (Ekocenter). Fanno turni di lavoro di due settimane continuative e due di riposo a casa (questo per permettere al corpo di disintossicarsi dalle radiazioni che potrebbero essere state incamerate durante la permanenza all’interno dell’area di alienazione).

Ci si può trovare ancora un centro della cultura con teatro che di tanto in tanto viene utilizzato per qualche spettacolo di intrattenimento. Negli anni successivi all’incidente, questo edificio fu utilizzato per ospitare il “processo Chernobyl”. Si trova ancora la chiesa di San Elia, attiva durante le festività del calendario ortodosso e un piccolo museo dedicato al disastro nucleare. Alla sera, passeggiando per le vie, si incontrano i lavoratori che si rilassano bevendosi una birra in compagnia. Ci sono anche alcuni residenti in modo stabile. Come Halina e il marito, che hanno rispettivamente 78 e 82 anni. Quando avvenne l’incidente alla centrale nucleare, lei era maestra a Kiev, il marito, anch’egli maestro, ma a Chernobyl. Il marito non ne volle sapere di abbandonare il suo lavoro alla scuola di Chernobyl e a Settembre rientrò nella Zona, dato che ancora nella cittadina c’era qualche residente e la scuola non aveva ancora chiuso definitivamente. Lei lo raggiunse anni dopo, quando andò in pensione. Hanno scelto di vivere a Chernobyl, perchè per loro non c’è posto migliore dove godersi la vecchiaia. In estate vanno in campeggio per un periodo sulle rive del fiume Pripyat e pescano molto. C’è il divieto, ma ormai il governo si è rassegnato perchè questa gente dei divieti se ne infischia, così si è deciso di regolamentare i periodi in cui è possibile pescare. Ed infatti Halina ed il marito, durante quel periodo, si assentano per circa due settimane. Halina mi ha raccontato di momenti di relax e divertimento, quando scatta la competizione col marito su chi pescherà il siluro più grande e di norma vince lei. Nonostante la mia visita improvvisa, da brava donna ucraina, Halina non si è fatta cogliere impreparata ed aveva già pronti tanti sfiziosi dolcetti da lei cucinati. E’ davvero surreale vedere tanta gioia e serenità in una famiglia che vive in un paese dove si trova una casa abitata ogni decina (decine e decine) di case abbandonate. Quando la incontrai era il 29 Aprile del 2016, tre giorni dopo il trentesimo anniversario del disastro nucleare di Chernobyl. Non sono più stata a casa sua perchè lei è davvero super attiva e non è mai a casa. La incontro spessissimo in giro per Chernobyl durante i miei tour. La trovo nei market a fare la spesa o a passeggio con il cane. Dopo 5 anni è ancora la stessa. Qui la gente sembra non invecchiare mai e se gli chiedi qual è il loro elisir loro rispondono: “Noi non siamo stressati! Viviamo una vita tranquilla, con i nostri tempi e non siamo stressati come voi. Lo stress fa ammalare e riempie il viso di rughe.” La vita qui continua, nonostante tutto. (A questo link vi lascio l’intervista che ho realizzato con Fabrizio Bancale, regista RAI, il quale ha realizzato un docu-film dedicato ai residenti illegali di Chernobyl e tra i vari volti, potrete riconoscere Halina, così come Baba Hanna e tanti altri Samosely di cui vi ho parlato nel mio blog: https://www.youtube.com/watch?v=ySnhyrkMLgE)

Nelle foto: la via principale di Chernobyl, i lavoratori della centrale nucleare in partenza per il turno di lavoro, la Sinagoga, la chiesa di San Elia e, nell’ultima fotografia potete vedere le rilevazioni del Gamma Scout dimostrano come le radiazioni registrate dalla mia camera a Chernobyl (immagine di sinistra) siano assolutamente nella norma rispetto al fondo di radioattività naturale di una qualsiasi cittadina europea. In certe città italiane si possono rilevare dati molto più elevati. Per “fondo di radioattività naturale” si intende la quantità di radiazioni ionizzanti dovuta a cause naturali, osservabile e rilevabile ovunque sulla Terra. Nella stessa immagine, a destra, il valore rilevato su un volo aereo Vienna/Kiev che risulta essere oltre 10 volte superiore rispetto a quello rilevato a Chernobyl.