Di seguito la traduzione in italiano realizzata da Sonya, dell’articolo uscito il 25 Marzo 2022 su The village Україна.

Sonya vive a Kyiv e dal 24 Febbraio, ovvero dall’inizio della guerra, è chiusa in casa. Ha deciso di impiegare il tempo traducendo diversi documenti, dall’ucraino all’italiano, per rendere comprensibile anche a noi, ciò che sta realmente accadendo in Ucraina. Questo la aiuta anche a sopravvivere psicologicamente in una situazione così drammatica. Da settimane vive con il sottofondo di sirene antiaeree, esplosioni, muri che tremano. Non dorme. Mangia poco. Non sa se e come arriverà a domani. E nel frattempo sta producendo tutto questo materiale per noi. (Vi lascio qui il link alla sua traduzione del primo discorso di Zelenskhy, rivolto ai cittadini poche ore prima dell’inizio dell’invasione e il link alla sua traduzione del diario di una madre di Mariupol: https://www.youtube.com/watch?v=qherQQjUhR4 , https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/diario-di-una-madre-di-mariupol-24-febbraio-18-marzo-2022/)

«Le truppe russe hanno catturato la centrale nucleare di Chornobyl il 24 Febbraio 2022, primo giorno di una guerra su vasta scala. Circa 300 persone, tra personale e militari, che si trovavano in quel momento alla centrale, furono resi ostaggio. Il personale di Chornobyl ha trascorso più di 24 giorni sul posto di lavoro prima che fosse organizzata la rotazione. Alla fine, un centinaio di lavoratori sono stati in grado di tornare a casa. Per sostituirli si sono offerti 46 volontari. Abbiamo parlato con uno degli operai di Chornobyl, che è tornato dalla stazione catturata, e gli abbiamo chiesto tutto quello che era successo lì, durante quasi un mese di occupazione. Per motivi di sicurezza, non forniremo il nome o la posizione di questa persona. La storia è stata raccontata dal diretto interessato, senza censure.

“Hanno minacciato di trasformarci tutti in carne”

Abbiamo iniziato il turno di notte alla centrale nucleare di Chornobyl il 23 febbraio, come nostro solito. Di prima mattina abbiamo sentito un’esplosione fuori dalla città di Pripyat. Le Guardie Nazionali, che presidiavano l’impianto, hanno dato l’allarme generale. Successivamente, gli altoparlanti hanno iniziato a mandare messaggi con disposizioni precise. A noi, al personale dell’impianto e al capoturno è stato dato l’ordine di spegnere le apparecchiature di nostra competenza e di chiudere il luogo di lavoro, ritirare la documentazione necessaria ed evacuare. Siamo stati portati in autobus all’edificio amministrativo, dove c’era un riparo dalle radiazioni. Abbiamo trascorso alcune ore lì, ma poi alcuni colleghi hanno iniziato a provare ad uscire. In realtà ci sembrava che non stesse succedendo nulla di insolito: ci hanno dato da mangiare e siamo tornati al lavoro, alla radio suonava la musica. Però sul tardo pomeriggio è successo questo: una colonna di carri armati è arrivata alla centrale nucleare di Chornobyl, dal lato di Pripyat, e si è avvicinata a uno degli edifici sul territorio della centrale nucleare, direzionando i cannoni dei carri armati verso all’edificio. I russi ci hanno minacciati di “trasformare tutti in carne”. E questo nonostante il fatto che sul territorio dell’impianto nucleare non si possa combattere. Il comandante della Guardia Nazionale ha ordinato loro di deporre le armi. Nel momento in cui i russi sono entrati nell’edificio, hanno costretto i nostri militari in una stanza dell’edificio amministrativo, dopodichè sono stati radunati nell’aula magna per un controllo. Tutto il resto dell’edificio è stato vietato ai nostri perchè gli occupanti ci hanno posizionato il proprio personale. Aumentavano di numero ogni giorno. Il personale della centrale nucleare è stato rimandato immediatamente al lavoro.

“Quando abbiamo detto che c`erano radiazioni, si sono spaventati”

Il rischio di radiazioni è stato una buona leva per noi da utilizzare sugli occupanti. Abbiamo cercato di spaventarli in questo modo, dato che loro stessi ci avevano confermato di non avere idea di come fosse tenuto il sito. Quando abbiamo detto che c’erano tante radiazioni intorno loro hanno sgranato gli occhi, sussultando. Non avevano dosimetri. Hanno anche chiesto come rimuovere le radiazioni. Ho suggerito che il modo migliore era quello di non accumularne. E quando mi hanno chiesto quale fosse il modo migliore per non accumulare radiazioni, ho risposto: “Ma tornate a casa, cosi non accumulerete nulla”. All’inizio ho cercato di comunicare con loro perché volevo capire come le persone di buon senso potessero iniziare questa guerra. Ma ho scoperto che sono degli automi. Credevano davvero di averci portato pace e liberazione.

“Dove lavoravamo, lì dormivamo, per terra”

Non avevo un posto per dormire. Dormivo dove lavoravo, per terra. Come mezzo di comunicazione avevamo una radio attraverso la quale abbiamo costantemente ascoltato ciò che stava accadendo in Ucraina. Non c’era connessione telefonica o internet. Alcuni membri del personale non permettevano ai russi di visitare le loro strutture, invece io e il mio compagno eravamo quasi costantemente sotto sorveglianza e non potevamo nemmeno parlare in modo tale che gli occupanti non sentissero. Abbiamo quindi deciso di parlare ucraino, anche se da sempre io parlo solo russo. Ora credo che la lingua dell’occupante dovrebbe essere abbandonata, ma non parlo molto bene l’ucraino e non voglio diffamare. Non siamo rimasti senza cibo. Gli occupanti mangiavano separatamente, avevano i loro prodotti. Abbiamo una mensa all’impianto che veniva utilizzata per i lavoratori. C`erano abbastanza scorte di cibo nei magazzini per circa un mese. Inoltre, avevamo un centro medico e due paramedici. C’erano poche medicine, ma i medici aiutavano il personale come meglio potevano.

“La cuoca era così esausta che ha dovuto mettere una flebo”

Dovevano dar da mangiare a circa trecento persone e all’impianto c’era una sola cuoca. Ad un certo punto era così esausta che ha dovuto mettere una flebo. Poi abbiamo deciso che alcune persone, che potevano assentarsi dalla loro postazione, l’avrebbero aiutata. Con il tempo le porzioni e il numero dei pasti hanno cominciato a diminuire, ma fino all’ultimo si mangiava due volte al giorno, con primo, secondo e dolce. L’impianto elettronucleare è sempre stato ben organizzato, anche per casi di emergenze gravi. Un’altra salvezza era che la maggior parte dei dipendenti avevano scorte al lavoro: tè, zucchero, qualcosa da mangiare con il tè. I colleghi ci hanno permesso di aprire i loro armadietti, quindi le loro provviste ci hanno aiutato a resistere tra un pasto e l’altro permettendoci di poter mangiare porzioni ridotte ai pasti principali.

“Stalker mandati in cucina”

Quando è scoppiata la guerra, c’erano quattro stalker a Pripyat. Questi ragazzi venivano da Dnipro e da Zaporozhye per esplorare la zona di esclusione. E quando le prime esplosioni si sono fatte sentire, erano vicino al nostro edificio amministrativo perciò sono arrivati da noi più velocemente dell’autobus che stava raccogliendo il personale di Chornobyl. Sono stati detenuti lì dalla Guardia Nazionale. All’inizio si è pensato che fossero dei sabotatori. Poi hanno mostrato i loro documenti, hanno spiegato cosa stavano facendo qui. Ma gli stalker sono considerati trasgressori dal governo ucraino e pertanto sono stati rinchiusi nel seminterrato della sala da pranzo perchè non c’era tempo per sistemare la loro situazione. (Ndr: In tempi normali vengono consegnati alla Polizia di Kyiv.) Poi è iniziata la cattura dell’impianto e questi ragazzi sono stati semplicemente dimenticati, perchè non erano registrati da nessuna parte. Sono stati menzionati solo dopo la prima cena. Per tutto questo tempo gli stalker erano seduti nel seminterrato senza acqua e cibo, urlando disperati. Quando sono stati liberati, abbiamo iniziato a pensare cosa fare con loro, come e dove metterli al lavoro. Alla fine sono stati mandati al lavoro in cucina. Sono stati bravi. Aiutavano, lavavano i piatti, hanno pelato le patate. Poi sono tornati a Slavutych con noi durante la rotazione e lì sono stati inviati per aiutare nella difesa del territorio. Non possono ancora lasciare Slavutych, quindi i ragazzi almeno si guadagneranno da vivere. A proposito, il pane di Chornobyl si è esaurito al terzo giorno.

“I russi hanno cominciato a fingere di essere lavoratori di Chornobyl”

Quando gli occupanti hanno deciso di filmare una storia falsa su come stavano distribuendo aiuti umanitari alle persone, la dirigenza ci ha immediatamente avvertito di non partecipare. Poi gli occupanti hanno indossato le tute di Novarka ai posti di blocco. Novarka è l’impresa che lavorò alla costruzione del New Safe Confinement e non lavora più a Chornobyl dal 2019. I russi si sono vestiti e hanno fatto finta di essere lavoratori di Chornobyl. Ma la gente qui lo sa bene che Novarka non c’è più e conosce le divise dei lavoratori del ChNPP. Quindi, semplicemente, nessuno è caduto in questo tranello. Il giorno delle riprese, nella sala da pranzo sono apparsi dei panini con pane bianco e formaggio. All’inizio abbiamo pensato cosa fare con questa roba. Mangiarlo o rifiutarlo? E poi abbiamo pensato che se l’occupante ci ha catturato, lasciamo pure che si nutra, anche se questo gli provocherà un mal di testa.

“Gli occupanti mettevano i panni gocciolanti su stufe elettriche”

Quando gli occupanti sono diventati più numerosi, iniziarono a salire in tutte le stanze, anche in quelle dove non potevano entrare. Hanno iniziato a crearsi dei letti dagli armadietti di ferro, in cui di solito ci cambiavamo i vestiti. Ma il problema più grande per loro era come lavarsi.  Poiché la stanza di guardia non era stata progettata per la permanenza a lungo termine del personale, c’è solo un lavandino e un gabinetto, nessuna doccia. Ma questo non ha fermato gli occupanti: hanno iniziato a lavarsi in questo lavandino, lavando le divise e appendendo i panni bagnati su stufe elettriche. Ho provato molte volte a spiegare che potevano scatenare un incendio e al fuoco non importa se sei ucraino o russo: bruceremo tutti insieme. Alla fine, hanno tirate delle corde per asciugare i panni, cosi l’incendio è stato scongiurato.

“Quando hanno capito che la situazione poteva sfuggire al controllo, gli occupanti si sono allontanati dalle cisterne contenenti il diesel”

Qualche giorno dopo gli occupanti hanno portato specialisti da Rosatom, presso l’impianto ChNPP. Quando li ho visti ho deciso di chiedere se fossero davvero specialisti nucleari. Loro, a differenza dei soldati, capivano dove si trovavano e quanto è delicata la situazione presso la stazione elettronucleare di Chornobyl. Sapevano che il combustibile nucleare esaurito era immagazzinato qui. Ma quando ho chiesto se sanno che nella centrale nucleare di Zaporizhzhya i russi stavano sparando con i carri armati contro i blocchi, hanno fatto un sorriso e hanno detto: “Non può essere vero”. Questo non ho potuto sopportarlo e li ho rimproverati. Si sono rivelati esattamente come i soldati con i quali avevo parlato i primi giorni: gli stessi zombi che vivono in una realtà parallela, totalmente ciechi di fronte alla realtà. Queste persone di Rosatom non ci avrebbero sostituito, hanno detto che erano venute solo per valutare la situazione, per vedere se abbiamo bisogno di pezzi di ricambio o diesel. L’impianto è poi rimasto senza corrente a causa delle ostilità e abbiamo vissuto per tre giorni con generatori diesel. La fornitura di diesel è stata esaurita il primo giorno e gli occupanti, resosi conto che la situazione poteva andare fuori controllo, hanno ordinato ai loro colleghi militari di lasciare libera la via per permetterci di riparare la linea. Appena le squadre di riparazione ucraine sono riuscite a riparare la linea, è stata immediatamente bombardata di nuovo. Alla fine, la stazione ha dovuto essere collegata alla linea elettrica bielorussa.

“Le vie per raggiungere la centrale nucleare di Chornobyl hanno cessato di esistere”

In quella prima mattina di guerra fu possibile evacuare almeno la metà del personale, la cui assenza non sarebbe stata critica per la centrale. Nei giorni successivi ogni connessione via terra con la centrale nucleare di Chornobyl non esisteva più. Di solito utilizzavamo il treno per raggiungere Slavutych. Sono circa 40 minuti per raggiungere la città. Sul tragitto si incontrano due ponti e il territorio della Bielorussia. Esiste anche un’altra strada, che si può percorrere in auto. Questa strada attraversa anche la Bielorussia e il ponte stradale sul Dnipro. Tutti i ponti sono stati distrutti. Era impossibile lasciare la centrale nucleare di Chornobyl per Slavutych, via Vyshhorod e Kyiv, anche perchè le ostilità non si sono mai interrotte. Quindi per l’evacuazione sarebbero stati necessari “corridoi umanitari”. La direzione dell’impianto convocava regolarmente il quartier generale per occuparsi della rotazione. So che l’amministrazione della centrale ha proposto un piano di rotazione nella prima settimana, ma l’esercito ucraino e le guardie di frontiera erano contrarie perché non potevano garantire l’incolumità del personale durante l’attraversamento del Dnipro. I nostri parenti hanno creato un gruppo di protesta e hanno chiesto che fossimo evacuati. La rotazione è stata più volte posticipata e finalmente, il 20 marzo, ci sono stati forniti gli autobus per l’evacuazione. Con questi autobus abbiamo raggiunto il confine con la Bielorussia, dove siamo passati solo dopo un dettagliato controllo dei passaporti con video e ispezione personale. Quindi siamo stati trasportati attraverso il fiume verso la parte ucraina e da lì in auto fino a Slavutych. All’uscita dalla centrale nucleare di Chornobyl, il comandante russo mi ha chiesto: “Ti riposerai e tornerai qui?”

“L’ingegnere capo e più di una dozzina di persone sono rimaste all’impianto”

Mentre stavamo attraversando il Dnipro, abbiamo incontrato i colleghi che stavano andando a darci il cambio. Dobbiamo rendere omaggio a loro, perché sapevano molto poco delle condizioni in cui avrebbero dovuto lavorare. Nonostante ciò, si sono offerti volontari per aiutarci. Questo è un atto eroico secondo me. Allo stesso tempo, non c’è personale medico nel nuovo turno. Questa volta i medici si sono semplicemente rifiutati di mettersi a disposizione presso un sito occupato, oltre che reputano che il loro lavoro sia più necessatio altrove. Il nostro ingegnere capo e più di una dozzina di altre persone sono rimaste alla centrale perché nessuno poteva sostituirli. Nessuno sa quando sarà possibile riorganizzare la rotazione, perché non sono ancora state proposte nuove modalità di collegamento con la centrale nucleare di Chornobyl. Probabilmente non potrò più tornare alla stazione, sono troppo esausto. Per quanto riguarda la dose di radiazioni, nessuno ci ha chiesto di consegnare il dosimetro. Gli occupanti mi hanno detto “sei vivo – rallegrati”.»