L’antenna Duga (che in lingua ucraina significa Arco) era stata concepita come radar a lungo raggio in grado di identificare un possibile lancio di missili balistici a grande distanza. Era epoca di Guerra Fredda e le tensioni tra America e Unione Sovietica tenevano il mondo sul filo del rasoio. Gli impianti Duga furono la risposta sovietica allo Scudo Spaziale Americano (SDI ovvero Strategic Defense Initiative voluto da Ronald Reagan). Questo era un oggetto Top Secret fino a metà degli anni ’80 e la posizione era nota solo ai cittadini di Pripyat, che potevano vederla distintamente da molte finestre dei loro appartamenti. Ne esistevano 4 su tutto il suolo sovietico, di cui 3 solo sul suolo ucraino. Era composta da una antenna più grande, alta 150 metri e lunga 500 mt, ed una più piccola, alta 100 mt e lunga 250 mt. Si trattava di un’antenna di ricezione. Il suo centro di trasmissione era collocato vicino al villaggio di Rassudovo, nella regione di Chernihiv. L’antenna Duga costò al partito comunista sovietico 7 miliardi di rubli (due volte la centrale nucleare di Chernobyl), fu inaugurata nel 1964 e c’era chi sosteneva che fosse “l’occhio di Mosca vicino al cuore nucleare”, ma era un occhio cieco perchè non funzionò mai per ciò per cui era stata progettata.

L’elaborazione dei dati era troppo lenta rispetto al tempo di reazione che si sarebbe reso necessario in caso di attacco. Inoltre, un ingegnere finlandese scoprì che questo sistema in realtà non poteva funzionare a dovere, in quanto il segnale radar non riusciva a superare l’aurora boreale. Il colonnello Vladimir Musiyets, invece, che era a capo della gestione militare dell’antenna, sosteneva che il suo funzionamento non era ottimale a causa delle onde che viaggiavano sulle stesse frequenze dell’aviazione civile. Nel 1985 era ufficialmente diventata parte operativa dell’aeronautica militare sovietica, ma l’incidente alla centrale nucleare cambiò i programmi per sempre. Si cercò, tuttavia, di tenerla in “vita”, nonostante il destino che stava interessando quella che poi è divenuta la zona di esclusione di Chernobyl. Siccome quest’area non era stata direttamente investita dalla nube radioattiva, tanto che tutt’oggi è ancora un terreno pulito, e siccome si trattava di opere militari necessarie all’URSS per difesa del territorio durante la Guerra Fredda, cercarono in tutti i modi di tenerla operativa. Ma i costi di gestione in una zona di alienazione stavano divenendo insostenibili. Quindi smise ufficialmente di essere operativa nel 1988 e tanti suoi componenti vennero smontati e rimontati a Komsomol’sk-na-Amure, cittadina nota per la sua produzione di mezzi militari, compresi velivoli-caccia, mezzi anfibi, navi e sottomarini.

Ora rimane un ammasso di metallo assolutamente carico di fascino. Non venne mai smantellata, come fu per le altre 3, perchè troppo vicina alla centrale e si temeva che certi movimenti tellurici provocati dallo smantellamento, avrebbero potuto danneggiare il già precario sarcofago del reattore 4.

Fu soprannominata “The russian woodpecker” (il picchio russo) proprio per via del rumore che emetteva, che disturbava il segnale radio in tutto il mondo. Udita spesso anche in Italia, da tanti radioamatori dell’epoca. In questo video https://www.youtube.com/watch?v=TwjgSCIdNak ho messo in sottofondo l’audio originale di quel segnale. Ci troviamo all’interno degli uffici “bunker”, precisamente nella sala controllo. L’antenna emetteva un tale inquinamento elettromagnetico che gli uffici, le sale controllo e le aule dedicate all’addestramento del personale erano posti all’interno di edifici costruiti con spesse pareti di cemento, proprio per evitare che il rumore creasse problemi ai militari in servizio.

A poche centinaia di metri dall’antenna, sorgeva la città satellite Chernobyl-2. Al momento della caduta dell’Unione Sovietica si scoprì che Chernobyl-2 non era altro che una delle tante città militari segrete (suggerisco la visione del film City-40 al fine di comprendere che cosa si intende realmente per “città militare segreta”). Tutte le città militari segrete sovietiche prendevano il nome della cittadina più vicina (in questo caso Chernobyl) associata ad un numero (in questo caso 2).  Anche questo centro abitato, come tutti gli altri di concezione sovietica, era perfettamente organizzato: palazzo della cultura, centri sportivi, scuole, asili, stazione dei pompieri. Addirittura qui è ancora visibile una grande ciminiera che faceva parte di un complesso all’interno del quale venivano prodotti i mattoni per la costruzione di diversi edifici sul suolo di pertinenza. Qui vivevano i militari impiegati all’antenna con le loro famiglie. Di seguito una panoramica da un appartamento https://www.facebook.com/diariodiunviaggioachernobyl/posts/2387741644578470.

Un curiosità sull’antenna: nel mondo del web è erroneamente conosciuta come Duga-3. Anche wikipedia in italiano e inglese riportano questo nome, mentre i cittadini ex-sovietici e tutti gli addetti ai lavori non si capacitano di questo goffo errore, quando l’antenna è nota all’Est solo ed esclusivamente come Duga-radar. Anche la geo-localizzazione in lingua locale riporta ЗГРЛС “Дуга” / Чернобыль-2, ovvero “Stazione radar Arco/Chernobyl-2” e viene nominata come Arco n°1.

Fotograficamente parlando rappresenta una grande sfida, talmente grande da non rientrare per intero in nessuna lente fotografica, tranne in un divertente fish eye.  L’ho visitata in tutte le stagioni ed è meraviglioso notare come riflette i colori magici della natura. In autunno, durante il tramonto, appare color oro.
In pieno inverno, con la neve tutto intorno, risulta di un bianco candido. Rimane il fatto che si tratta di un’opera ingegneristica folle e ancora oggi avvolta dal mistero.

Penso che si tratti della più grande antenna mai costruita dall’uomo. A parer mio qualcosa di impressionante, non solo visivamente, ma anche architettonicamente.