Cosa è cambiato nella zona di esclusione in questi due anni di mia assenza? Tante cose. E non certo a causa della sopraggiunta pandemia. Ma andiamo con ordine.

Lo scorso Ottobre (2021) sono riuscita finalmente a ripartire per la zona di esclusione, dopo ben 613 giorni di assenza. Ho contato ogni singolo giorno da quando tornai dal mio ultimo viaggio, il 27 Gennaio 2020, e negli aeroporti già iniziavo a vedere persone vestite come astronauti, in tute bianche anti contaminazione. Nel frattempo la pandemia ha bloccato il mondo intero e anche partire a inizio Ottobre non è stato così semplice come si potrebbe pensare. A questo va aggiunto che la decommissione della centrale procede rapida e i divieti che riguardano il turismo sono diventati svariati e molto restrittivi.
La prima novità la si nota ancor prima di entrare nella Zona. Il check point Dytyatky è completamente cambiato. I lavori di ricostruzione erano già in corso durante il mio viaggio di Gennaio 2020. Quello che una volta era un casottino, con una sbarra e il cartello di Stop, presidiato dalla Milizia, oggi è diventato una sorta di avveniristica dogana. A colpo d’occhio, sembra di trovarsi presso un Autogrill. I controlli manuali dei documenti e dei relativi permessi, sono stati sostituiti da un QR-Code, oggetto quanto mai discusso in quest’epoca. Prima dell’arrivo al check point, viene fornito un biglietto elettronico ad ogni viaggiatore. Tale biglietto contiene tutti i dati personali del turista, i giorni per i quali è concesso il permesso di permanenza all’interno dell’area di alienazione e le rotte sulle quali è autorizzato a muoversi. Ovviamente quest’ultimo dato è di interesse della guida ucraina che accompagna i turisti. Il biglietto elettronico verrà poi verificato attraverso un apposito dispositivo dalla Polizia (che ovviamente non è più Milizia ormai da decenni).
Va poi detto che da Giugno 2021 è iniziato lo spostamento del carburante esausto dal vecchio storage, collocato a fianco al reattore 4, verso il nuovo deposito, distante circa 2km.
Questo trasporto avviene via rotaia, sfruttando la ferrovia già esistente e che negli anni fu abbandonata. È stato ripristinato il tratto che fiancheggiava il reattore 5 inconcluso e che spesso percorrevo proprio per raggiungere questa struttura. Oggi, questa affascinante passeggiata sulle rotaie, non è più fattibile, proprio per via del ripristino del tratto. (Il treno è considerato un oggetto sensibile e pertanto la foto che ho allegato è realizzata con il cellulare, un pochino di nascosto e volutamente tagliata per non mostrarlo nella sua interezza.)
Peraltro, nelle giornate in cui è in programma la movimentazione del treno, la città di Pripyat viene chiusa ai non addetti ai lavori. Ovviamente senza preavviso alcuno. Come ho sempre detto, non dobbiamo mai dimenticare che il turismo non ha nessuna precedenza su nulla, in questo territorio. Tali procedure di trasferimento carburante dureranno per i prossimi 10 anni! (Se siete curiosi di sapere come si smantella una centrale nucleare, vi suggerisco di leggere l’articolo che ho dedicato a questo tema. Lo trovate a questo link: https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/come-si-smantella-una-centrale-nucleare-il-decommissioning/)
Altra cosa importantissima che è cambiata in modo radicale e definitivo: i divieti ora sono divieti per davvero. Se fino a un paio di anni fa i divieti venivano presi un po’ all’acqua di rose e il controllo non era proprio efficientissimo, ora non è più così. Oltre al rafforzamento del personale di controllo presso i vari checkpoint, è stata messa in campo anche tutta la tecnologia a disposizione per la sorveglianza dei territori. Quindi i controlli avvengono per via aerea, con l’utilizzo di droni, e per via terra, con l’utilizzo di foto-trappole e sensori di movimento. Ciò che principalmente viene monitorato è l’accesso agli edifici e le rotte percorse dai furgoni turistici. Ora i van e i bus sono dotati di un GPS che ne traccia ogni singolo spostamento e a questo si aggiungono i sensori di movimento posizionati su determinate “strade”. Le virgolette sul termine strade sono d’obbligo, perché sappiamo bene che non si tratta più di strade per come siamo abituati a vederle nel nostro quotidiano, bensì di pertugi aperti tra la natura.
Ovviamente tutti questi controlli sono finalizzati a rafforzare la sicurezza in questa terra, che secondo i piani iniziali doveva rimanere un luogo disabitato, non frequentato, senza alcuna messa in sicurezza se non quella del divieto assoluto di accesso. Come sappiamo, le cose sono andate in modo molto diverso e l’afflusso massiccio di turismo, soprattutto negli ultimi due anni, in seguito alla messa in onda della serie TV, ha costretto il dipartimento del controllo della Zona e lo stesso governo ucraino a correre ai ripari.
A tal fine è stato anche posizionato un ripetitore telefonico sul tetto del palazzo più alto nel centro di Pripyat. Questo per rendere possibili le comunicazioni in caso di emergenza. Durante l’Aprile 2020 gli incendi che colpirono questo territorio, furono di una potenza tale che arrivarono fino alla centrale nucleare. La comunicazione via telefono con le stazioni dei pompieri di Chornobyl, di Parishev e di Kyiv fu davvero difficoltosa.
Pripyat è stata isolata dal mondo moderno per 35 anni e oggi, nella sua piazza, il segnale telefonico e la connessione internet sono nettamente migliori rispetto a tante altre città del mondo.
Non so dire se sia un bene o un male.
Da un lato penso che Pripyat, e tutta la Zona, meriterebbero tranquillità. Meriterebbero di non essere accessibili, di lasciare che il decommissioning della centrale proceda fino al totale smantellamento di ogni suo pezzo e che questo territorio venga lasciato così com’è. Lasciato al suo corso. Inghiottito dalla natura. Ripopolato dalle molteplici specie animali che in questi anni si sono stabilizzate laddove l’uomo non staziona più.
D’altro canto, però, mi emoziono tantissimo nel vedere le opere di “ristrutturazione” e salvaguardia che alcuni amanti della Zona hanno messo in atto, incontrando anche il consenso del governo. Il mosaico in vetri, all’interno del caffè Pripyat, è in fase di ricostruzione. Una squadra di esperti sta ricomponendo i pezzi mancanti e tra qualche tempo avremo modo di vederlo per intero. Cosa che non mi è mai stata possibile dato che già al mio primo viaggio, nel 2015, la vetrata era distrutta per metà. Anche per l’antenna Duga è in programma un progetto di conservazione.
Nella città segreta di Chornobyl-2, invece, stanno digitalizzando tutti i documenti rinvenuti negli edifici, dopo una minuziosa opera di pulizia dalla muffa. Di ciò che, invece, sta avvenendo a Chornobyl vi avevo già parlato. L’incubo degli ostelli senza riscaldamento e con l’acqua fredda dove dormii, nel 2017, con -27°C di temperatura esterna è ormai un lontano ricordo. Ora le camere sono ristrutturate, calde, accoglienti, piene di foto della Zona appese alle pareti. Le docce sono bollenti e con un bel getto rigenerante. Ecco. Se ripenso a come viaggiavo sei anni fa e a quante cose stavano andando perse, l’idea che si stiano impiegando risorse per rendere questo luogo più accessibile, mi piace molto. (A questo link trovate l’articolo dove vi racconto della cittadina di Chornobyl: https://www.francescagorzanelli.it/chernobyl/chernobyl-nome-disastro/)
Il problema rimane sempre lo stesso: l’uomo. Il turismo forsennato, spinto più dalla moda che dalla passione. La certezza che nemmeno rafforzare i controlli, infliggere pene pecuniarie o l’espulsione immediata da questi territori, se colti in atteggiamenti scorretti, servirà a preservare questi luoghi dallo sciacallaggio e dal degrado umano.
Ah, dimenticavo, presso il ristorante Desyatka è ora possibile mangiare sushi. Fatemi sapere cosa ne pensate.